Ho avuto fiducia
come la spugna crede all’acqua quando ha sete
ma mentre le mie orecchie
e tutte le fragilità che hai saziato sorridevano felici
il mio sentire in direzione opposta mi muoveva
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Volevo il sole
e di questo mi parlavi
-ti avevo donato le chiavi-
ma tra le tue parole e ciò che percepivo
c’era quella vastità salvifica che divide sempre i poli opposti
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E intanto il Cielo mi osservava
mentre mi districavo incerta
tra ciò che volevo veramente
e l’incapacità di affermare quel sano NO
che così tanto faticava a venir fuori
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Il ruolo che continuavi a interpretare
non abbracciava la limpidezza del ruscello
-come credevo-
eppure il timore di perdere quel nulla
continuava a soffiarmi quintali di oblio sugli occhi
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Ma poi il tempo ha maturato i frutti e la bilancia
pendendo spudoratamente sull’unico piatto veritiero
come se fosse acqua gelida di montagna
mi ha destato malamente
su una realtà dura come il marmo
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E i petali di rosa allora
si sono fatti spine aguzze
e l’odore così tanto amato tanfo insopportabile
che prima mi ha smembrato
e poi dall’incantesimo mi ha sciolto
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tiziana mignosa
giugno duemilaventitre
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Note: questa poesia vuole essere un invito a cogliere i segni, prima che sia troppo tardi, perché ci sono sempre e ci portano a capire quando una persona mente. Dare ascolto alle nostre percezioni, più che alle parole che ci vengono dette, spesso significa evitare il peggio.
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Riceve menzione di merito al concorso letterario Sotto il cielo di luglio, 8 luglio 2023